IL THIOMARGARITA MAGNIFICA È SCONVOLGENTE
di Giuseppe Ceron 3CTS
La storia di questo, non proprio micro, organismo, inizia nel 2009, quando il biologo Oliver Gros, intento a studiare i diversi organismi alberganti nelle mangrovie della Guadalupa (Caraibi) rinvenne particolari organismi tra le tipiche foglie marce nelle acque stagnanti. Inizialmente confuso con un’ifa fungina, il Thiomargarita magnifica ha una lunghezza media variabile tra gli 1 e 2 cm, risultando così 5.000 volte più grande dei suoi colleghi procarioti (i batteri variano mediamente tra 1μm-10 μm) e 14 volte più grande di un tardigrado.
“Scoprire questo batterio è stato sorprendente come incontrare un essere umano alto come il Monte Everest”
(scienziati di Berkley)
A permettere a questo batterio da record il raggiungimento di tali dimensioni è la presenza di un involucro ricco d’acqua, occupante il 70% circa del volume cellulare.
Ma non ci sono solo le dimensioni a suo favore. A differenziare il Thiomargarita magnifica dagli altri batteri è anche la presenza di un secondo involucro interno contenente il materiale genetico, in maniera molto simile alle cellule eucarioti, e se ciò non bastasse, il DNA presente in questa sacca è stipato in maniera compatta.
Passando ad un discorso di nomenclatura, il nome Thiomargarita, letteralmente “perla di zolfo”, in latino, è dovuto alla presenza di microscopici granuli di zolfo presenti all’interno del batterio; magnifica, che sorprendentemente vuol dire “magnifico” è stato invece scelto dalla ricercatrice Silvina González Rizzo.